Gastronomia e prodotti tipici nel territorio del PIT Monviso

Nel territorio si afferma una cucina antica, ricca di influenze d'oltralpe, semplice nei contenuti ma singolare negli accostamenti tra sapori e aromi tradizionali. Assai tipiche le Raviòlas, gnocchi di patate e formaggio conditi con burro fuso: sono un gustoso piatto unico. A queste si aggiungono i Crosetins, preparati con farina di segale, il pane di Melle e Venasca, i dolci di castagne, salumi, miele, formaggi e tome d'alpeggio.

La gastronomia del territorio del PIT Monviso propone un interessante carrellata di prodotti tipici locali tra cui spiccano i formaggi da quelli freschi, le paglierine, fino ai formaggi d'alpeggio. Le carni sono rinomate bovine ed avicole mentre per finire un buon pasto con i dolci tipici bisogna mettere in tavola Batiaje, Losëtte, Risòle. Il vino è in continua crescita il Doc Colline Saluzzesi, che propone vini rossi da uve pelaverga, quagliano, nebbiolo e barbera.


VINO DOC COLLINE SALUZZESI

Il Vino Doc Colline Saluzzesi viene prodotto nei Comuni facenti parte della doc e cioè Busca, Costigliole Saluzzo, Piasco, Verzuolo, Manta, Saluzzo, Castellar, Pagno e Brondello. Si distinguono in questa d.o.c., il Pelaverga che si presenta come un vino rosso rubino dai profumi delicati e gradevoli, dal gusto leggero e armonico e il Quagliano. Quest'ultimo è un vino dal colore rosso rubino, ma il sapore gradevolmente dolce lo rende più adatto per abbinamenti con i dolci, specialmente quelli tipici della zona, e con i formaggi freschi. Del Quagliano esiste anche una tipologia spumante. Oltre ad essere vinificati in purezza, i due vitigni, entrano a far parte di uvaggi per altri vini, quale ad es. Colline Saluzzesi doc. Quasi tutti i produttori della zona sono riuniti nel Consorzio di tutela vini doc Colline Saluzzesi cui si devono l'attività di valorizzazione dei vitigni autoctoni locali e del territorio che li esprime e la ricerca di un continuo miglioramento della qualità dei vini per corrispondere alle richieste di un mercato sempre più attento.


VINO QUAGLIANO
L'uva Quagliano è prodotta da un vitigno raro e di antica tradizione, coltivato nella fascia collinare compresa tra i comuni di Costigliole e Busca (4,5 ettari circa). Da essa si ottiene un vino a bassa gradazione alcolica, dal colore tra il cerasuolo e il rubino, con riflessi violacei, e dal sapore amabile e fruttato, indicato come aperitivo e per il dessert. Esso condivide la D.O.C. (Denominazione di origine controllata) "Colline Saluzzesi" con il Nebbiolo, di produzione anch'essa locale, e con il Pelaverga della Valle Bronda. Alla storia e alle tradizioni legate alla lavorazione di questo vino e dedicato un museo etnografico, con una collezione di oltre seimila oggetti, situato presso l'azienda di Ambrogio Chiotti (Podere 'L Palas). Tradizionale appuntamento legato a questo prodotto è la Sagra dell'uva Quagliano che, dal 1928, si svolge a Costigliole nell'ultima settimana di settembre.

PELAVERGA
"... èl bon vin che j piasia a lo papa Julio. .. " ( dal CHARNETO di Giovanni Andrea di CASTELLAR 1513) Le soleggiate colline, il cielo purissimo, il microclima idoneo della Valle Bronda hanno dato la patria al Pelaverga, un vino raffinato, di spiccata personalità, con sapore e profumo di lampone; così leggero che, anche se bevuto in abbondanza, non aggrava lo stomaco ma dà allegria, lasciando sul palato un' armonia di aromi. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Già ricercato e "chiacchierato" dagli antichi Romani per, si dice, i suoi meriti afrodisiaci, il Pelaverga entra nella storia nel 1500 quando Margherita di Foix, Marchesa di Saluzzo, inviò in dono al Papa Giulio II Della Rovere un assaggio. Il Sommo Pontefice ne fu così entusiasta che si risolse ad assegnare un vescovo a Saluzzo. I contadini locali continuarono nei secoli la produzione di questo pregiato vino, tramandando oralmente, di padre in figlio, i segreti della particolare vinificazione

TUMIN DAL MEL

Il tumin è un formaggio fresco prodotto in modo artigianale dagli agricoltori che lavorano il latte vaccino crudo intero dopo ogni mungitura e lo fanno coagulare a temperatura ambiente. La soffice cagliata che si ottiene viene rotta in pezzi abbastanza grandi, viene salata (con poco sale) ed infine è messa nelle piccole forme a scolare. Dopo un giorno il tumin viene estratto dalla forma e sistemato su un canovaccio di tela dove continua il processo fermentativo e di maturazione (almeno quattro o cinque giorni) che crea una pellicola bianca e sottile che conferisce al tomino la caratteristica tipica del prodotto fresco. Si presenta in forma cilindrica con diametro compreso tra 10 e 12 centimetri di altezza variabile tra 1 e 2 centimetri e il peso varia tra i 150-200 grammi. Quando il formaggio è fresco la crosta è quasi assente e la forma assume una colorazione bianco-latte, nelle forme più stagionate si forma una crosta caratteristica di colore bianco porcellana opaco ricoperta da un sottile strato di muffa bianca. Il tumin dal Mel è ufficialmente registrato nell'albo dei prodotti tipici della Regione Piemonte ed è attualmente in corso il procedimento per il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta (D.O.P) per valorizzare e tutelare la tipicità del nostro prodotto nei confronti del consumatore.


PAGLIERINA DI RIFREDDO

paglierina di RifreddoCaratteristiche e fasi di produzione: Il latte pastorizzato viene portato alla temperatura di 40 ° C e fatto cagliare con caglio liquido naturale. Dopo la rottura della cagliata con la lira e la spannarola, si fa spurgare la massa e la si pone a stufare per circa sette ore alla temperatura di 25 ° C. Si effettua quindi la salatura in salamoia per circa un'ora. Matura in venti giorni e si consuma in genere fresco, come formaggio da tavola. La forma è piatta, rotonda, con altezza di circa 2 cm e diametro di 10-15 cm. La crosta è appena accennata, più spessa con la stagionatura, di colore giallo bianco e con la tipica quadrettatura che richiama i graticci di paglia, dove un tempo veniva fatta maturare. La pasta, che si fonde in bocca, è compatta e lucida, gialla nel prodotto più stagionato; morbida, bianca e senza occhiature in quello fresco. I vini consigliati per l'abbinamento sono Caluso passito e liquoroso e Marsala.


NOSTRALE DI MONTAGNA

Nostrale di montagnaLa grande famiglia dei Nostrali in Piemonte comprende molti formaggi, che sotto il nome di "Nostrale" variano per pezzatura, peso e tecnica di produzione. In quest'area, dove ancora alcuni allevatori salgono in alpeggio, possiamo individuare una sorta di generica tipologia nel carattere acidulo e granuloso della pasta, che in qualche modo ricorda le tume del lait brusc o addirittura il Castelmagno.




IL PIGNULET DLE CURSAJE

Pignulet dle CursajeSi tratta di una vecchia varietà di mais prodotta in piccole quantità in alcuni territori della Valle Po e Infernotto, in maggior parte nel Comune di Barge. Con questo mais che non viene diserbato e bagnato una volta sola, dalla resa bassissima, ma dalla qualità nettamente superiore, si ottiene una buonissima farina per polenta. Con questa varietà di mais si lavorano artigianalmente cinque prodotti: farina per polenta e per torte, grissini, paste di mais, biscotti.




LOSETTE

Hanno storia recente le losette nate a Bagnolo Piemonte in un laboratorio artigianale dall'inventiva di un bravo panificatore locale. Ispirate alle tipiche coperture dei tetti in lose, pietre di Luserna, dalla forma quadrata o rettangolare e dallo spessore sottile. Croccanti e gustosi questi dolci sono ottimi accompagnatori di un gelato o di una crema.


BATIAJE

BatiajeIl termine batiaje sta ad indicare quei dolci prodotti con farina di mais che erano offerti durante le feste del battesimo, il termine "fè batiè" in piemontese indicava appunto festeggiare il neonato. Si tratta di paste di meliga prodotte in modo artigianale con farina di mais, burro, zucchero, farina tipo "00" e aromi naturali. Per preparare le "paste meliga" occorrono 1 kg. di farina di frumento, 0,500 kg. di farina di mais (meliga fumetto), 1 kg. di burro, 0,700 kg. di zucchero, 5 uova intere, 10 gr. di sale,1 scorza di limone grattugiata; 1 bustina di lievito chimico. Per la preparazione del prodotto si incorporano bene il burro, lo zucchero con le uova, il sale e la scorza di un limone. Si setacciano la farina con il lievito e si impasta il tutto ma non troppo e si fa riposare una decina di minuti in luogo fresco. Si inserisce l'impasto nell'apposita siringa con il disco a stella e si formano degli anelli del diametro esterno di circa 5 centimetri. Le "paste di meliga" vengono cotte sulle apposite teglie a forno moderato. Nella zona di Barge assumono la denominazione "Batiaje": questi dolci prodotti con farina di mais erano un tempo offerti durante la festa del battesimo. "Fè batiè" in piemontese indicava appunto festeggiare il nascituro.


BRUT E BUN

Brut e bunAltri dolcetti diffusi nelle valli del Monviso sono i Brut e Bun ("brutti ma buoni") preparati con mandorle e granella di nocciole, ai gusti variabili di vaniglia, cioccolato, arancia, nelle versioni con o senza rhum.





VECCHIE VARIETÀ DI MELE PIEMONTESI

Grigia di TorrianaIl Piemonte all'inizio del Novecento possedeva migliaia di varietà di mele, alcune pregiate e apprezzate in tutto il mondo. La melicoltura tradizionale ha ceduto il passo a quella intensiva di pianura negli anni '60 e le varietà locali sono state rapidamente sostituite da quelle straniere, più produttive, più grandi, più belle, più adatte alle tecniche moderne, così che in appena quarant'anni è scomparsa un'enorme ricchezza. Non tutto è perduto. Proprio nelle aree marginali scartate dall'agricoltura industriale (le valli Varaita, Maira e Pellice) sono sopravvissute molte vecchie varietà. Molte di queste possono avere un futuro perché sono rustiche, belle, aromatiche e profumate; perché si conservano a lungo o per tutte queste caratteristiche insieme. Sono la Grigia di Torriana, la Buras, la Dominici, la Magnana, la Carla, la Runsè, la Gamba Fina e le Calville (Rossa e Bianca d'inverno).


SALAME BATIUR O MARIUR

Batiùr o MariùrÈ un salume tradizionale di sole carni suine, condite con spezie e vino, insaccate nella vescica del maiale. Il doppio nome dialettale deriva dal fatto che lo si consumava in due occasioni, il battesimo di un neonato e la prima visita del futuro genero. Un salame da festa grande dunque, che dava l'imprimatur al batié (battezzare) e al marié (sposarsi): le massaie lo lessavano e lo lasciavano raffreddare nel suo brodo, servendolo poi con riccioli di burro. Quand'è fresco lo si può mangiare anche crudo, ma i buongustai consigliano di seguire il procedimento tradizionale.



SALAME DI BUE

Salame di bueEra un prodotto di recupero, fatto con parti altrimenti inutilizzabili delle carcasse di vacche a fine carriera: oggi è uno sfizio da gourmet. Nell'impasto, macinato a grana grossa, entrano per l'80% carni di bue (soprattutto spalla e sottospalla) e per il 20% pancetta di maiale; oltre a sale e pepe si aggiungono circa sei litri per quintale di vino nebbiolo e si insacca in budello naturale. Il salame va consumato entro 90-100 giorni perché la carne bovina non sopporta una stagionatura prolungata.